Il visto B-1/B-2.

21.03.2022

Ogni anno milioni d'individui provenienti da ogni parte del mondo esprimono l'intenzione di volersi recare negli Stati Uniti allo scopo di svolgere attività di business (B-1) o per meri scopi turistici che, spesso e volentieri, coincidono con il desiderio di far visita a parenti residenti in USA (B-2). Nella pratica, i visti per visitatori vengono spesso rilasciati con la duplice dicitura di B-1/ B-2 al fine di consentire contestualmente lo svolgimento di attività commerciali così come di attività turistiche.

Se ne deduce che - contrariamente a quanto si possa pensare sulla falsariga del sentito dire - lo Stato Americano si è sempre dimostrato propenso da un lato a consentire l'ingresso di coloro i quali volessero semplicemente godere degli scenari americani e dall'altro di coloro che fossero mossi dall'intenzione d'intraprendere attività economiche con soggetti stabilmente presenti negli Stati Uniti.

Il tanto temuto ostruzionismo americano ha, invero, ceduto il passo ad una visione decisamente inclusiva seppur non siano mancate tensioni. Le titubanze sono per lo più scaturite da parte dello Stato Americano dal timore di fornire, mediante il rilascio un visto d'ingresso, un valido mezzo attraverso il quale un soggetto potesse entrare negli Stati Uniti allo scopo di compiere attività illecite oppure di fare ingresso legalmente negli Stati Uniti ma con il duplice obiettivo di rimanervi oltre la data di scadenza, ovvero senza un'autorizzazione.

Per tali ovvie ragioni, i Consolati americani dislocati nei vari Paesi del mondo hanno iniziato a rifiutare un elevato numero di visti turistici B-1/B-2 seppur principalmente nei confronti di soggetti che si siano dimostrati totalmente impreparati circa la rigorosa procedura di rilascio.

Nell'anno 2019 la percentuale dei dinieghi ha subito delle oscillazioni differenziate da Paese a Paese: la percentuale più alta è quella che ha interessato la Nigeria con un 67%, mentre il Paese con la percentuale minore è stata l'Indonesia con un 12%.

Questo articolo verterà sul visto summenzionato al fine di descriverlo nella sua totalità, ponendo particolare attenzione non solo ai soggetti titolati a farne richiesta ma anche a come massimizzare la possibilità di successo nel rilascio.

Se, infatti, stando alle statistiche i Consolati Americani siano soliti approvare e rilasciare il visto B-1/B-2 in un lasso di tempo piuttosto breve, è necessario evidenziare che spesso - per motivi strettamente collegati alla sicurezza nazionale - tale decisione possa subire dei ritardi di diverse settimane se non anche di mesi.

È per questo che conoscere questo visto nel dettaglio permette di commettere il minor numero di errori possibile che potrebbero ulteriormente ritardarne il rilascio.

Entrando nel vivo della procedura di rilascio, il punto nodale riguarda l'obbligatorietà o meno di assumere le competenze di un legale per la presentazione della domanda.

Nonostante, e come per ogni richiesta di visto, non sia da considerarsi obbligatorio avvalersi di un avvocato, l'esperienza acquisita negli anni porta a concludere che sia altamente consigliato e che la percentuale di buon esito si alzi notevolmente.

Invero, seppur richiedere un visto B-1/B-2 possa sembrare una procedura apparentemente semplice, ad avere contezza reale circa i requisiti out of record che garantiscono la migliore percentuale di successo, di come essi debbano essere presentati al Consolato ma soprattutto a conoscere i rischi sottesi al rifiuto di un visto, è unicamente l'avvocato.

Ogni visto ha uno stile ben definito ed una richiesta presentata con una struttura adeguata allo scopo oltre che ordinata e precisa - e secondo i canoni richiesti dall'USCIS - è sicuramente un ottimo biglietto da visita che aumenta di molto la probabilità di buona riuscita.

Ma v'è un altro elemento da non sottovalutare.

Esistono situazioni, anche piuttosto frequenti, per cui sia intervenuto il diniego di un visto. Tale scenario si verifica piuttosto di frequente e le cause possono essere svariate: non solo per mancanza dei requisiti di legge o per overstay - inteso come permanenza negli Stati Uniti prolungata oltre la data di scadenza del visto - ma anche per il fatto che il richiedente provenga da un Paese sottoposto a travel ban. In tutte queste ipotesi, l'affidarsi a un professionista è da considerarsi una scelta fortemente consigliata. 

Passando ora alla disamina dei vantaggi ricollegati al rilascio di un visto B-1/B-2, al primo posto si annovera sicuramente il fatto di trovarsi dinanzi ad un procedimento rapido e snello.

In aggiunta al precedente assunto, i visitatori provvisti di visto B-1/ B-2 avranno sempre la possibilità di entrare negli Stati Uniti tutte le volte che lo riterranno opportuno: quello che è importante ricordare è, però, la permanenza totale non potrà mai eccedere i sei mesi ogni anno. Trascorso tale lasso temporale, infatti, sarà obbligatorio lasciare il Paese o - ove possibile - provvedere a richiedere una proroga.

Ma ecco il rovescio della medaglia.

Tra svantaggi vi è l'impossibilità di accettare qualsivoglia offerta di lavoro negli Stati Uniti e, pertanto, di percepire uno stipendio nonché il totale divieto di poter gestire un business.

Al netto dei pregi e dei difetti, il visto B-1 viene concesso a chiunque dichiari di volersi recare negli Stati Uniti d'America per un viaggio di lavoro temporaneo, mentre il visto di tipo B-2 possiede quale presupposto il fatto che un soggetto - sempre temporaneamente - esprima l'intenzione di viaggiare per soli scopi turistici o al fine di sottoporsi a cure mediche. A ogni buon conto, sarà obbligatorio dimostrare - dapprima al Consolato Americano che procede al rilascio del visto e successivamente alle autorità di frontiera - la concreta intenzione di fare rientro nel proprio Paese d'origine non appena lo scopo del viaggio sarà concluso. La documentazione comprovante non solo la sussistenza di un rapporto di lavoro ma anche l'effettiva residenza nel Paese d'origine possono considerarsi valide prove a dimostrazione della buona fede del richiedente.

Parlare di volontà del richiedente di recarsi negli Stati Uniti per un lavoro temporaneo, sembrerebbe contraddire quanto detto circa l'impossibilità di accettare qualsiasi lavoro. Quindi come muoversi per non commettere errori in tal senso? Lavorare è sempre vietato. Tuttavia, esistono delle attività che possono essere svolte regolarmente senza incappare in alcuna violazione di legge: è permesso investire denaro, acquistare beni, presenziare a seminari o svolgere attività lavorative temporanee per un datore di lavoro che si trovi fuori dallo Stato Americano. A considerarsi assolutamente vietato, quindi, è il fatto di essere assunti, di gestire una propria attività e - aspetto ancora più decisivo - percepire una retribuzione negli Stati Uniti.

E' spesso molto complicato tracciare una linea di demarcazione tra attività commerciali consentite con un visto B-1 e lavoro illegale.

Per quanto concerne il visto turistico B-2 non sarà possibile in alcun modo svolgere attività commerciali in quanto la conditio sine qua non è che si stia intraprendendo un viaggio esclusivamente di piacere o allo scopo di essere sottoposti ad un trattamento medico.

Inoltre, per quest'ultima tipologia di visto, per di più, esiste un'eccezione: il Visa Waiver Program con il quale è possibile bypassare la richiesta di un formale visto turistico.

L'opportunità viene concessa a chiunque stia programmando di arrivare negli Stati Uniti per turismo purché in presenza di requisiti imprescindibili in capo al richiedente ovvero A) che sia disposto a lasciare il Paese prima della decorrenza dei 90 giorni consentiti per legge, B) che non abbia mai avuto il diniego di un visto o che ne non abbia mai violato le condizioni e C) che provenga da un Paese nel quale non si siano mai state registrate situazioni d'immigrazione irregolare verso gli Stati Uniti.

A non potersi avvalere dell'esenzione di cui sopra - visa waiver - sono i rappresentanti dei media esteri posto che lo scopo del loro viaggio non è considerato business e per questo dovranno ottenere un visto non immigrante come media.

Ogni soggetto che faccia ingresso in costanza di VWP dovrà essere in possesso di un biglietto di ritorno tale da dimostrare ab origine la volontà di lasciare il Paese allo scadere dei 90 giorni. Programmare la partenza con qualche giorno di anticipo rispetto all'effettiva scadenza del visto è altamente consigliato in quanto fanno scuola i casi in cui - per cause spesso non dipendenti dalla volontà del soggetto quanto piuttosto per ritardi attribuibili alle compagnie aeree - si sia verificato uno slittamento oltre i 90 giorni.

Unitamente al biglietto di ritorno, il soggetto dovrà munirsi di un passaporto elettronico (MPR), ovvero dotato di un chip elettronico incorporato, con una validità di almeno 6 mesi rispetto alla data d'ingresso.

L'ingresso in forza del VWP attraverso il Canada ed il Messico è ammesso via terra: in tal caso per essere considerati visitatori sarà necessario dimostrare alle autorità di confine il possesso di fondi economici sufficienti a potersi mantenere negli Stati Uniti senza dover svolgere alcuna attività lavorativa.

Una deroga è ammessa nei confronti dei cittadini provenienti dal Canada o dalle Bermuda che non avranno bisogno di un visto B-1/B-2 per entrare negli Stati Uniti ma dovranno solo mostrare il passaporto dichiarando contestualmente di fare ingresso come visitatore per business o turismo. In tal caso l'ingresso non sarà sotto VWP ma sotto visa exempt (soggetto esente da visto).

I viaggiatori sotto VWP devono ottenere l'autorizzazione corrispondente - l'Electronic System for Travel Autorization (ESTA) - prima di poter viaggiare verso gli Stati Uniti. Quanto alla richiesta, s'invita a prestare la massima attenzione facendo riferimento sempre al sito ufficiale (https://esta.cbp. dhs.gov/esta): esistono, infatti, moltissimi siti fake che richiedono somme meno abbordabili (in luogo dei canonici $14) e che molto spesso portano al rifiuto dell'ESTA.

Al momento della richiesta dovranno essere forniti i dati personali, le informazioni relative al passaporto e all'organizzazione generale del viaggio nonché si dovrà rispondere ad una serie di importanti domande di sicurezza.

Il sistema fornisce solitamente una risposta immediata ma in alcuni casi potrebbero volerci fino a 72 ore. Per questo motivo si consiglia di presentare la richiesta con largo anticipo rispetto alla partenza prevista. Prima dell'imbarco, la compagnia aerea provvederà a verificare la presenza dell'autorizzazione ivi compresa quella dei neonati che viaggiano senza un proprio biglietto di viaggio. Nel caso di rigetto dell'ESTA non sarà permesso utilizzare il VWP ma sarà obbligatorio fare regolare richiesta di visto.

L'ingresso negli Stati Uniti con Visa Waiver Program impedisce non solo l'estensione del soggiorno e la procedura di change of status - ovvero la conversione dell'ESTA in altro visto non immigrante - ma precludere altresì la possibilità di depositare la domanda di green card senza prima aver lasciato il Paese.

La partecipazione al VWP è facoltativa, non un requisito. È lapalissiano che entrare negli Stati Uniti con un visto comporta maggiori flessibilità e diritti.

Per ciò che riguarda la procedura di rilascio del visto B-1/B-2, i passaggi essenziali dipendono dall'Ambasciata o Consolato al quale la richiesta viene presentata. Tendenzialmente, sarà necessario preparare e presentare la domanda, raccogliere la documentazione del caso, pagare le relative fees e presentarsi all'appuntamento fissato con il funzionario del Consolato o Ambasciata di riferimento. Nel caso di richiedente analfabeta o incapace di completare la domanda (DS - 160) sarà concessa la possibilità di essere assistito da soggetto terzo a condizione che lo stesso sia identificato nella pagina "firma e invia" della domanda.

Particolare attenzione merita la questione relativa alla richiesta di visto B-1/B-2 presentata da donna in stato interessante che abbia intenzione di fare ingresso negli Stati Uniti in prossimità della data del parto e che non sia ancora in possesso del visto. In tal caso sarà necessario tenere bene a mente le nuove e restrittive regole emanate nel 2020 dal Dipartimento di Stato con l'obiettivo di prevenire il c.d. turismo sulle nascite o la pratica di recarsi negli Stati Uniti al solo scopo di partorire e di garantire automaticamente al nascituro la cittadinanza americana.

La regola non si applica alle donne che facciano ingresso negli Stati Uniti in forza di un visto precedentemente rilasciato o che si trovino sotto Visa Waiver Program.

Qualora una donna richiedente visto B-2 partorisca durante il soggiorno negli Stati Uniti, interverrà la presunzione secondo cui abbia viaggiato al solo scopo di garantire la cittadinanza americana per il nascituro e, come conseguenza, dovrà fornire prove convincenti utili a superare la suddetta presunzione (e.g. altro valido motivo per recarsi negli Stati Uniti).

Nel caso in cui il motivo della richiesta di visto B sia quello di sottoporsi a cure mediche, sarà ancora possibile viaggiare verso gli Stati Uniti (è il caso di gravidanza particolarmente complicata) ma dimostrando che non si stia cercando l'ottenimento della cittadinanza statunitense per il nascituro, che un medico statunitense abbia formalmente accettato di fornire le cure necessarie nonché che si disponga dei mezzi finanziari idonei a poterle sostenere.

Premessi tali cenni relativi alla problematica sottesa alla richiesta di visto in caso di donna incinta, tornando a parlare delle situazioni standard ed alla documentazione necessaria, il Consolato invita il richiedente a presentarsi all'appuntamento munito della documentazione di supporto utile a dimostrare la sussistenza dei requisiti di legge per il rilascio del visto. In via esemplificativa ma non esaustiva, si ricorda: a) la documentazione atta a palesare inequivocabilmente lo scopo del viaggio (hotel nel quale si alloggerà o l'itinerario del viaggio), b) quella in grado di assicurare che il richiedente lascerà gli Stati Uniti e tornerà nel tuo Paese d'origine avendone un effettivo interesse (rapporti con i familiari stretti, contratto di lavoro in essere, un contratto di mutuo o di affitto), c) la documentazione comprovante la disponibilità economica a mantenersi durante il soggiorno (lettera di un amico che dimostri l'ospitalità presso il proprio immobile, estratto conto bancario, evidenza delle proprie entrate).

Nell'ipotesi di viaggio per business, alla richiesta dovrà essere allegata una lettera proveniente dal datore di lavoro estero nella quale siano indicate le mansioni che andranno ad essere svolte, la corresponsione - che dovrà provenire da fondi che non si trovino negli Stati Uniti - nonché la data entro la quale si prevede la conclusione delle operazioni di business ed il rientro del richiedente visto. Nel caso di partecipazione a fiere o a eventi aziendali, potrà allegarsi il materiale promozionale, i volantini e qualsiasi altra prova della registrazione.

Nel caso di viaggio per cure mediche, sarà necessario allegare la lettera del medico curante comprensiva della diagnosi ed del motivo per il quale sia necessario fare ingresso negli Stati Uniti per la terapia, nonché una dichiarazione proveniente dalla struttura o dal medico che si farà carico di somministrare il trattamento medico, la durata dello stesso e le spese che dovranno essere sostenute.

Contrariamente a quanto avvenga per il visto B-2, per il visto B-1 non è richiesto alcun Affidavit of Support o lettera d'invito in quanto il funzionario consolare porrà l'attenzione solo sui documenti relativi alla residenza ed all'esistenza di stabili rapporti familiari e/o lavorativi nel Paese d'origine.

Seppur come evidenziato vi siano delle differenze notevoli tra le due tipologie di visto, spesso vengono rilasciati congiuntamente al fine di permettere al soggetto di fare ingresso come visitatore per i successivi 10 anni, evitando d'incappare in possibili situazioni spiacevoli.

Ragion per cui, una volta entrato negli Stati Uniti - per via aerea o marittima - verrà creato un record di entrate ed uscite, il c.d. I-94. Nel caso d'ingresso via terra, l' I-94 verrà rilasciato direttamente nelle mani del soggetto e conterrà le date d'ingresso e d'uscita dal Paese.

Con il visto B-1/B-2 è permesso soggiornare per un massimo di 6 mesi ogni anno fino alla scadenza del visto che può corrispondere a 5 o 10 anni. Inoltre, ogni volta che si lasceranno gli Stati Uniti e vi si farà nuovamente rientro, il sistema aggiornerà automaticamente l'I-94 con l'indicazione del nuovo periodo di permanenza autorizzata.

Per concludere.

Nel caso in cui un soggetto sia in grado di dimostrare in modo inequivocabile di non voler soggiornare negli Stati Uniti a tempo indeterminato ma che piuttosto il soggiorno avrà una durata non superiore ad un anno, l'USCIS potrà - seppur accada in rarissimi casi - concedere un'estensione del soggiorno. La durata massima della proroga è pari a sei mesi anche se viene da sé che richiedere l'intera estensione del visto potrebbe far sorgere dubbi circa le reali intenzioni del richiedente.

L'USCIS sulla richiesta deciderà nei 45 giorni che precedono la scadenza dei 6 mesi; in caso di ritardo è ammessa la possibilità di rimanere sul territorio anche decorsi i 6 mesi purché per il tempo di estensione previamente richiesto.

È piuttosto comune che l'USCIS possa impiegarci un lasso di tempo notevole per prendere una decisione circa l'estensione del visto ma la regola vuole che si dovrebbe pianificare di lasciare gli Stati Uniti entro l'estensione richiesta, pur non avendo ricevuto la decisione ufficiale entro tale data.

D'altra parte, trovandosi il richiedente legittimamente negli Stati Uniti per il tempo in cui la domanda rimarrà pendente, sarà "concessa" la proroga al momento del ritorno nel Paese d'origine, anche nella misura in cui la domanda dovesse venire successivamente respinta dopo la partenza.

Nell'ipotesi in cui tua domanda sia processata da un centro servizi USCIS - in grado di elaborare le richieste in meno di sei mesi - il richiedente riceverà una notice of action contenente l'approvazione con la nuova data, mentre nel caso in cui la richiesta di prolungamento venga respinta, al soggetto sarà inviata - all'indirizzo statunitense previamente indicato - una comunicazione scritta indicante i motivi del rigetto.

La motivazione più comune è per cui l'USCIS ritenga che il soggetto stia semplicemente cercando di prolungare il tuo soggiorno negli Stati Uniti a tempo indeterminato: in tale ipotesi, normalmente, viene concesso un ulteriore periodo di 30 giorni per permettere al soggetto di lasciare volontariamente gli Stati Uniti. Il mancato allontanamento spontaneo entro la data indicata comporta, infatti, l'avvio del procedimenti di allontanamento e espulsione. Nulla quaestio se, al momento della ricezione del diniego, si siano già lasciati gli Stati Uniti.

Abogado Sarah Silvestri
Immigration Attorney

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